Riciclaggio della plastica: numeri, impianti e tipologia
La plastica è diventata una parte onnipresente della nostra vita, dagli imballaggi alimentari ai componenti automobilistici. Tuttavia, il suo diffuso utilizzo ha comportato gravi problemi ambientali, principalmente a causa della quantità di rifiuti plastici che finiscono nelle discariche e negli oceani. Il riciclaggio della plastica è una soluzione cruciale per mitigare questi problemi e creare un futuro più sostenibile.

Che cos'è il riciclaggio della plastica
Il riciclaggio della plastica è un processo fondamentale per ridurre l’impatto ambientale dei rifiuti plastici, trasformandoli in nuove risorse utili. Grazie a impianti di selezione, triturazione, lavaggio e rigenerazione, le plastiche post-consumo vengono reinserite nel ciclo produttivo, contribuendo all’economia circolare.
I numeri del riciclo in Italia e in Europa
Secondo i dati più recenti di Plastics Europe, in Europa vengono raccolti oltre 30 milioni di tonnellate di rifiuti plastici ogni anno. Di questi:
- Circa il 35% viene avviato a riciclo meccanico
- Il 42% è destinato a recupero energetico
- Il restante 23% finisce ancora in discarica
In Italia, il sistema CONAI con il Consorzio Corepla hanno contribuito a raggiungere una quota di riciclo delle plastiche superiore al 50%, in linea con gli obiettivi UE.
Tipologie di impianti di riciclo della plastica
Gli impianti di riciclaggio della plastica si suddividono in varie fasi operative:
- Impianti di selezione: separano le plastiche per polimero (PET, HDPE, PP, PS, PVC…)
- Trituratori: riducono la plastica in scaglie (flakes) per facilitarne il lavaggio
- Linee di lavaggio: rimuovono contaminanti organici e inorganici
- Impianti di estrusione: trasformano i flakes in granuli di plastica riciclata (polimeri secondari)
Queste tecnologie sono fondamentali per garantire la qualità della plastica riciclata, adatta a nuovi cicli produttivi nel packaging, nell’edilizia, nell’automotive e nella moda.
TI INTERESSANO QUESTI ARGOMENTI? ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER! E' GRATIS!
Il ruolo dell'Economia Circolare
Il riciclo della plastica è un pilastro dell’economia circolare. Recuperare materiali plastici post-consumo significa ridurre la domanda di materie prime vergini, limitare le emissioni di CO₂ e tutelare l’ambiente marino e terrestre. Per questo, l’innovazione negli impianti di riciclo e la collaborazione tra istituzioni, industria e cittadini sono essenziali.
Tipi di plastica riciclabile
Non tutta la plastica però può essere riciclata. Le plastiche più comuni che possono essere riciclate sono:
- PET (Polietilene tereftalato): Utilizzato per bottiglie d'acqua, bottiglie di soda e contenitori per alimenti.
- HDPE (Polietilene ad alta densità): Utilizzato per brocche di latte, bottiglie di detersivo e flaconi di shampoo.
- PVC (Cloruro di polivinile): Utilizzato per tubi, pavimenti e rivestimenti.
- LDPE (Polietilene a bassa densità): Utilizzato per sacchetti di plastica, pellicole e contenitori comprimibili.
- PP (Polipropilene): Utilizzato per contenitori per alimenti, tazze e flaconi di medicinali.
- PS (Polistirolo): Utilizzato per contenitori per alimenti e materiali di imballaggio.
Ogni materia plastica sarà riciclata in un impianto dedicato.
Vantaggi del riciclaggio della plastica
Il riciclaggio della plastica offre numerosi vantaggi, tra cui:
- Riduzione dei rifiuti nelle discariche e negli oceani: Il riciclaggio della plastica aiuta a ridurre la quantità di rifiuti di plastica che finiscono nelle discariche e negli oceani, il che può danneggiare la fauna selvatica e l'ambiente.
- Conservazione delle risorse naturali: Il riciclaggio della plastica conserva le risorse naturali come petrolio e gas naturale, che vengono utilizzati per produrre nuova plastica.
- Riduzione del consumo di energia: Il riciclaggio della plastica richiede meno energia rispetto alla produzione di nuova plastica, il che aiuta a ridurre le emissioni di gas serra.
- Creazione di posti di lavoro: L'industria del riciclaggio crea posti di lavoro nella raccolta, lavorazione e produzione.
Imballaggi in plastica: percentuali riciclaggio e numero di impianti riciclo plastica
Durante l’Assemblea annuale 2025 di COREPLA, il consorzio ha presentato i risultati conseguiti nel 2024 e le prospettive future per una gestione sempre più sostenibile dei rifiuti di imballaggio in plastica.
Nel 2024, nel nostro Paese sono state raccolte in modo differenziato oltre 1.500.000 tonnellate di imballaggi in plastica, con un incremento del 4% rispetto al 2023 e una media pro capite superiore a 26 kg. Un segnale concreto di un impegno collettivo in crescita verso un’economia sempre più circolare.
La Sardegna si conferma prima per raccolta pro capite (36,4 kg per abitante), seguita da Veneto (30,9 kg) e Liguria (29,6 kg), quest’ultima in crescita dell’11%. Da segnalare la straordinaria performance della Basilicata, che con un +40% risale significativamente la classifica.
Il sistema COREPLA ha coinvolto 7.396 Comuni, coprendo il 97% della popolazione italiana, pari a oltre 57 milioni di cittadini. Il riciclo ha raggiunto 931.096 tonnellate, avvicinando con un anno di anticipo l’obiettivo europeo del 50%.
Con quasi 2.500 imprese consorziate lungo la filiera del packaging in plastica, COREPLA continua a rappresentare un modello di economia circolare virtuoso e trasparente.
Quanto ai materiali non ancora riciclabili, l’87% è stato recuperato dai cementifici come sostituto dei combustibili fossili, il 13% nei termovalorizzatori, mentre solo lo 0,06% è stato destinato a discarica. Il Consorzio opera attraverso una rete composta da 33 centri di selezione, 75 impianti di riciclo e un centinaio di preparatori e utilizzatori di combustibile da rifiuto, garantendo efficienza, trasparenza e tracciabilità grazie a oltre 45.000 audit e controlli lungo tutta la filiera.
Indagine Greenpeace: “Meno della metà della plastica viene davvero riciclata, l’Italia non è virtuosa come vuole far credere”
Greenpeace ha pubblicato a novembre 2024 un’inchiesta sulla plastica “Plastica, Italia campione del riciclo?” redatta dall’Unità Investigativa di Greenpeace Italia. L’indagine è basata sulla consultazione di documenti ufficiali del Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica (Corepla), che gestisce il ciclo di questi rifiuti nel 92% dei Comuni italiani, e del Consorzio nazionale imballaggi (Conai).
Secondo l’Associazione ambientalista, l’Italia si racconta come un’eccellenza nel riciclo della plastica da imballaggi, ma i dati degli ultimi anni rivelano una realtà meno virtuosa, perché il riciclo effettivo è inferiore al 50% dei rifiuti prodotti e per di più si basa su metodi di calcolo poco trasparenti.
Si legge nel rapporto: “Se si escludono le quote di materiale gestite da operatori indipendenti, tra il 2021 e il 2023 Corepla ha avviato annualmente al riciclo circa 700 mila tonnellate di imballaggi e prodotto circa 500 mila tonnellate di scarti, smaltiti in discarica o, più di frequente, in cementifici esteri. Questi numeri sono al di sotto degli obiettivi comunitari di riciclo effettivo (e dimostrabile) che dovranno essere del 50% entro il 2025 e del 55% entro il 2030. Basare i calcoli sul riciclo effettivo rappresenta un approccio ben diverso da quello adottato negli ultimi anni in Italia in cui si è parlato solo di materiale avviato a riciclo, un indice che comprende al suo interno anche tutti gli scarti che vengono estratti successivamente dai materiali trattati. Per fare un confronto, il tasso italiano di avvio a riciclo per la filiera della plastica nel 2022 era del 55,1%, quello di riciclo effettivo, calcolato sulla base dei nuovi riferimenti comunitari, scende al 48% nel 2023.
Anche per quest’ultimo numero è possibile sollevare dei dubbi, visto che i documenti necessari a effettuare il nuovo calcolo non sono pubblici. Neppure gli audit svolti da un ente indipendente per stimare il riciclo effettivo – e riportati nel Rapporto di Sostenibilità 2023 di Conai – risultano soddisfacenti: sono stati monitorati solo tre impianti (uno di compostaggio per la plastica biodegradabile e compostabile, uno di selezione degli imballaggi in plastica e plastica-metallo e uno di riciclo). Queste criticità sono state evidenziate anche dalla Corte dei Conti Europea che, dopo un’indagine condotta in Italia, in Romania e Paesi Bassi, ha segnalato delle lacune nei sistemi di monitoraggio e raccolta dei dati, riscontrando «un rischio molto elevato che i riciclatori non sottopongano a operazioni di trattamento i rifiuti di imballaggio di plastica ricevuti».
«Credere nell’eccellenza del sistema che gestisce i nostri imballaggi in plastica assomiglia più a un atto di fede», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «I dati di Corepla e Conai si caratterizzano per opacità e scarsa trasparenza sui criteri di calcolo e rendicontazione, e i risultati realmente ottenuti potrebbero essere ben più scarsi di quelli dichiarati. Eppure, le incredibili performance del sistema di riciclo italiano continuano a essere sbandierate dai nostri politici a ogni tavolo negoziale internazionale e impiegate come scudo per conservare lo status quo, opporsi a qualsiasi provvedimento che riduca l’utilizzo di plastica monouso e ritardare tutte quelle strategie che favoriscono il riuso. Chiediamo maggiore trasparenza a tutti gli attori coinvolti nella filiera italiana, anche in vista dell’ultimo round negoziale sul trattato sulla plastica che inizierà in Corea del Sud nelle prossime settimane».
Il rapporto di Greenpeace esamina inoltre le esportazioni di rifiuti da imballaggi in plastica e, nello specifico, del plasmix, ovvero le plastiche eterogenee miste che costituiscono una quota consistente della raccolta differenziata e che viene avviata quasi interamente alla combustione per la produzione di energia o, in minima parte, in discarica, perché tecnicamente o economicamente non riciclabile. Si tratta di un export notevolmente in crescita, come svelato da un’altra recente indagine dall’organizzazione ambientalista, sollevando dubbi sull’effettivo riciclo o utilizzo per la produzione di energia dei rifiuti, che una volta usciti dall’Italia potrebbero essere oggetto di attività illegali come incendi, sotterramenti o triangolazioni con Paesi ancora più lontani.